L’operosità militante non è ciò che ti aspetti

Avatar Christian Soriano

Sulla parsimonia

Parlare, con tutto il rispetto, di quanto sia necessario avanzare verso un certo futuro, più o meno roseo, è l’argomento che più sta a cuore parecchi di noi.

E non lo dico per piacioneria o altro ma è un dato di fatto che quanto più il futuro appare roseo tanto più il presente è <<degno di essere vissuto>> e, per questa ragione, possiamo anche iniziare a ragionare in termini concreti; questi non sono altro che quanto ci separa dal domani che dovremmo, poi, edificare, il quale domani, essendo costruito passo dopo passo e per giustapposizioni successive, è un nostro prodotto.

Tuttavia, la necessità di immergerci in un quadro che di speranza non ha fa il paio con quell’altra necessità, ossia quella che ci lascia disperare di fronte agli insormontabili scenari catastrofici e apocalittici che conosciamo oramai tutti; questo non per dire che dovremmo arrenderci all’inevitabile, quanto che bisognerebbe perlomeno provare a disegnare uno scenario comune e che consenta questo facile esercizio della volontà.

Scrive Habermas, in un dialogo tenuto con John Rawls, altro grande intellettuale del pensiero liberale, che:

Rawls concepisce la posizione originaria come una situazione in cui decisori razionali che rappresentano i cittadini sottostanno alle limitazioni che garantiscono un giudizio imparziale sulle questioni di giustizia.

E più avanti che:

Rawls viene costretto dalla dinamica concettuale del modello della scelta razionale a concepire le libertà fondamentali non come diritti fondamentali da cui partire, quanto piuttosto come beni primari. Egli equipara quindi il senso deontologico delle norme che ci obbligano al senso teleologico dei valori che preferiamo11. Rawls in questo modo oscura distinzioni essenziali, che ricordo brevemente per mostrare come, procedendo ulteriormente, egli finisca per rimanere prigioniero di queste dinamiche intrinseche al suo modello.1

La risposta di Rawls è che sì:

La teoria dell’agire comunicativo di Habermas ci fornisce l’artificio espositivo della situazione discorsiva ideale, il quale offre un resoconto della verità e validità dei giudizi della ragione sia teoretica sia pratica.

Ma, tuttavia, se noi riduciamo i diritti fondamentali – tra i quali si annoverano i più diversi, tra i quali anche quelli alla vita tout court – a mere acquisizioni, finiamo per ritenere che una costituzione sia (quasi) inutile, dal momento che il guadagnato vale più del posto e, per questa ragione, meno di ciò che otteniamo attraverso il dialogo democratico; a questo punto, la principale obiezione del padre del neoliberalismo inglese non può che essere attinente a un programma in cui – alla base di ogni discorso democratico – si collochi sempre un costituito e un a priori che, proprio nel senso kantiano del termine, è il solo che ci consente di dirimere le questioni più spinose: un a priori beninteso pratico-etico-politico e non astratto nel cielo della ragion pura, ma comunque, in ogni caso, un concetto che predetermina, in qualche modo, ogni operato legittimato tra i popoli.

Dunque Rawls si pone dalla parte di Kant mentre, possiamo sintetizzare, Habermas da quella di Hegel e Marx; certo, una soluzione di sintesi sarebbe la più ovvia conclusione all’impasse strategico, dovuto più a una questione di prospettiva che ad altro.

Ma se noi ci siamo detti, all’inizio, che la politica e la società tutta sono, anche e soprattutto, un gioco di “prestigio”, che fa comparire all’orizzonte un qualcosa e, precisamente, un orizzonte stesso a tutte le nostre azioni, capiamo che la costruzione dal basso non è che una scelta dovuta e tale per cui la rendicontazione finale di quanto spetta a noi e quanto invece agli altri non può che essere la soluzione finale a tutto ciò.

Intendiamoci: senza comunicazione e un che di costituito (Habermas – Rawls) non c’è conquista che tenga e questo perché si perdono, precisamente, i due momenti del divenire e dell’essere e la stessa ontologia del politico diventa un flebile fantasma; ma con le dovute accortezze anche il più sedimentato influsso benefico non può che diventare foriero di grandi cambiamenti e significative speranze.

Nietzsche stesso, del resto, in Al di là del bene e del male, lo diceva in questi termini:

O sancta simplicitas! In quale curiosa semplificazione e falsificazione vive l’uomo! Tosto che si comincia a farci l’occhio per un siffatto prodigio, non si finisce mai di meravigliarci!

Che è, poi, la cifra di tutto il gioco di senso che si muove quando si parla di libertà e di conquiste di diritti…

  1. J. Habermas – J. Rawls, Dialogo sulla democrazia liberativa ↩︎

Lascia un commento